giovedì 12 marzo 2009

Alcune novità

Ciao a tutti, rieccomi come promesso con alcune interessanti novità.
Innanzitutto è pronto e on-line l'e-book che contiene la nostra (e specialmente vostra) opera. Potete scaricarlo al seguente indirizzo:

http://www.comune.modena.it/biblioteche/holden/ebook.htm#42

Leggetevi un po' quello che c'è scritto nella pagina e poi scaricate la versione ".exe" quando è sul vostro computer lanciatelo e vi apparirà nello schermo la copertina, a quel punto potete navigare l'e-book direttamente con i tasti "PagUp" e "PagDown". Schiacciando il tasto "F1" invece avrete istruzioni più complete su altre funzionalità.
In secondo luogo, due parole sulla presentazione di sabato scorso. So che alcune delle persone presenti sono rimaste deluse (se non apertamente contrariate) da come la cosa si è svolta. Riassunto per chi non c'era: ci avevano detto che la nostra presentazione era alle 16:30, in realtà eravamo stati messi in coda ad una tavola rotonda sulla libertà di informazione che è durata fino alle 18:15 lasciandoci alla fin fine ben poco spazio per presentare ed eventualmente discutere il nostro progetto. Tralasciando il fatto personalmente ho trovato interessante la conferenza in sè, mi rendo conto che nè io nè voi (quelli tra voi che c'erano) eravamo lì per quello. Che cosa vi posso dire... al di là del fatto che ovviamente la cosa non è dipesa dalla nostra volontà, dall'alto della mia non lunga (ma ormai nemmeno così breve) esperienza di questo genere di circostanze vi posso dire che sono cose che ogni tanto succedono. Succede cioè che l'evento letterario sia molto diverso da quello che ci si era aspettati. Seccante se vogliamo, ma non è cosa da cui farsi guastare la giornata: col tempo si impara a reagire alla cosa con una compostezza degna della gommapiuma di migliore qualità.
Comunque come vi dicevo nel precedente post domani 13 marzo si replica alle 17:00 alla Biblioteca della Rotonda.
Non so che cosa ci aspetti esattamente, ma sicuramente non si parlerà della libertà di informazione. E' un orario non molto propizio, mi rendo conto, ma in ogni caso una terza data (forse il 17 aprile) è già in fase di calendarizzazione. Notizie più precise seguiranno.
In terzo luogo, se la cosa vi può interessare, al seguente indirizzo:

http://www.kultunderground.org/articoli.asp?art=1230

trovate un'intervista di Sara sul progetto Open Book. Se vi interessa sapere qualcosa di più su come abbiamo vissuto il nostro ruolo di "curatori" questa potrebbe essere l'occasione giusta.
Ultima cosa: da ora e fino alla fine dei maggio il progetto Open Book muta pelle. Per noialtri è stata un'esperienza molto bella e nell'attesa di mettere in cantiere la prossima iniziativa ufficiale (sulla quale non mi sbilancio, se non per dirvi che ne stiamo già intensamente parlando e che potrebbe vedere la luce dopo l'estate) vi proponiamo il seguente "gioco".
Vi è piaciuto il nostro spunto ma non il racconto che ne è uscito?
Il racconto vi è piaciuto fino ad un certo punto ma poi ha preso una strada che ritenete poco interessante?
Ri-raccontetelo tutto voi a partire dal punto che preferite, fino alla fine.
Questa volta non avete un preciso limite di battute. Anche se per la nostra sanità mentale, nonchè la vostra incolumità fisica, vi esorto a non andare troppo oltre le 50.000 battute (che mi sembra comunque una quantità di tutto rispetto...)
Attenderemo i vostri testi fino alla metà di giugno e, a seconda di quantità e qualità dei contributi pervenuti, studieremo il modo di raccoglierli in un e-book e se pubblicarli o meno su questo blog mano a mano che ci arrivano.
In ogni caso mi raccomando continuate a seguirci!

lunedì 2 marzo 2009

...ed eccoci qua!

Come vi avevamo promesso eccoci a pubblicare l'ultimo capitolo del nostro "racconto a più mani". E' disponibile anche il racconto completo che vi esortiamo a rileggere dall'inizio perché, come vi avevo preannunciato, vi abbiamo apportato alcune modifiche. In particolare mi scuso con Caterina Caterini al cui capitolo abbiamo deciso di togliere l'incontro tra Stefano ed Enrica perché nel quinto capitolo (sebbene Rossana Bernardi richiamasse brevemente l'episodio) non trovava poi uno sbocco narrativo che ritenessimo soddisfacente. Così come mi scuso con tutti coloro i cui capitoli ho fatto una certa dose di violenza (questa colpa è tutta mia, Sara non c’entra o quasi…) a causa del compito di ricucitura della storia che mi era stato affidato, nonché con tutti coloro i cui capitoli non sono stati selezionati: ma d'altra parte ciò faceva parte del "gioco".
Detto questo complimenti a tutti perché il risultato finale di questa esperienza ci ha indubbiamente soddisfatto. Spero che lo stesso si accaduto a voi. Anzi, ci piacerebbe molto sapere che cosa ne pensate per cui vi esortiamo a commentare il calce a questo post sia il risultato finale dello scritto, sia tutto ciò che avete apprezzato e non apprezzato dell’iniziativa.
Ne approfitto anche per annunciarvi ufficialmente che presenteremo l'e-book ricavato da questo testo (insieme alle iniziative parallele fantasy e noir) alla manifestazione BOOK 2009, alle ore 16:30 di sabato 7 marzo presso il Foro Boario di Modena (per intenderci di fianco al Parco Novi Sad, sul retro della facoltà di Economia nello spazio in cui spesso il comune allestisce le mostre d'arte).
Replicheremo poi all'interno della manifestazione “Scritture Metropolitane” il 13 marzo alle ore 17 presso la Biblioteca Comunale che si trova di fianco al Centro commerciale La Rotonda.
Intanto vi raccomando di continuate a visitare questo blog, perché continueremo ad aggiornarlo con tutte le notizie riguardanti il progetto!

Capitolo 5

Il giorno precedente

Quante erano le volte che avrebbe voluto raccontare tutto al professore? Tre, quattro?
Ma poi si era sempre tirato indietro dicendosi che non spettava a lui parlare. Sapeva che era una bugia che si raccontava per non prendere l’iniziativa.
Una folata di nebbia gelida gli fece affondare la testa nelle spalle imbottite dell’impermeabile. Quella sera non sarebbe entrato nella chiesetta per assistere alla lezione. Sicuramente il professore avrebbe letto e chiesto commenti allo scritto che lui aveva infilato, insieme a quello degli altri studenti, nella pila sul tavolo.
Roberto si disse che doveva agire, non poteva continuare a nascondersi. Quelle parole, non sue, ma di sua mano portate al professore, suonavano come una cupa minaccia. Doveva assolutamente parlargli.
Sarebbe rimasto fuori ad aspettarlo; e alla fine della lezione, una volta per tutte, gli avrebbe spiegato e detto tutto. Quella nebbia però gli stava penetrando nelle ossa per cui decise di attendere in auto. Salì, si calcò meglio il cappello in testa, affondò le mani nelle tasche e guardando verso l’ingresso della chiesa si mise pazientemente in attesa. La lezione non sarebbe finita prima di un’ora, valutò.
Roberto aveva una gran paura; sapeva che rivelare la verità al professore gli avrebbe attirato addosso l’ira di Pietro: una rabbia che aveva imparato a temere fin da piccolo, fin dalle elementari.
Pietro era sempre stato il più forte fra loro due.
Era quello che si rivoltava alle prevaricazioni, alle prepotenze. Le zuffe per lui erano un tonico. Ma se era vero che Pietro era un prepotente, era anche vero che Roberto sapeva di poter sempre contare sul suo aiuto. Tutte le volte che era stato in difficoltà, lui era sempre intervenuto in sua difesa. Anche se poi gli toccava sempre condividerne le punizioni.
Nel suo intimo, Roberto pensava che Pietro avesse delle reazioni esagerate, ma lui era fatto così: selvaggio, privo di controllo; a Roberto faceva venire i brividi.
E ciò che quella sera Roberto stava per fare rischiava fortemente di scatenare la sua furia.
Fu distolto dai suoi pensieri dalla luce che usciva dalla chiesetta. Stavano andando via tutti. “Come mai così presto?” un brivido gli corse su per la schiena fino a rizzargli i capelli della nuca. Allarmato, uscì dall’auto, restò in piedi nella nebbia… in attesa. Intravide il professore spegnere una sigaretta, salire in auto e accendere i fari. Doveva sbrigarsi. Aprì la bocca per chiamarlo, ma poi perse coraggio e rimase zitto: per l’ennesima volta rinunciò.
L’auto di Stefano di accese e si mise in movimento. A malincuore, ma sollevato, Roberto girò le spalle e scomparve nella nebbia.


Oggi

Stefano parcheggiò vicino all’ingresso del piccolo cimitero, era in anticipo. Rimase seduto in auto ad aspettare. Inevitabilmente trovandosi davanti a quel luogo la memoria tornò indietro nel tempo.
Quel giorno disgraziato continuava a scorrere nella sua mente come un anello di pellicola, senza fine. Ricordava ancora quel mattino quando sua moglie Elena, durante la colazione, gli aveva fatto degli strani discorsi. Gli aveva detto che la scelta, da lui fortemente sostenuta, di trasferirsi nel paese di origine di lei non era stata una buona idea, che lei lì non ci stava bene. E come era partita anni prima, voleva andarsene di nuovo.
Non avevano mai più avuto occasione di riparlarne. Poco dopo Elena e Martina erano andate a sbattere con l’auto contro un platano sulla strada della scuola. Oltre all’ovvio senso di colpa per aver portato Elena a vivere in luogo che sentiva ostile, a Stefano era rimasto il dubbio, che non aveva confessato a nessuno, nemmeno al dottor Sivieri, che le due cose fossero in qualche modo collegate. Con un sospiro si riscosse.
Stefano guardò l’ora, mancava poco all’appuntamento e Guglielmo non si vedeva ancora. Di colpo gli venne il dubbio di avere frainteso il luogo, visto anche tutto il mistero che aveva avvolto quella vicenda fin dall’inizio.
Scese dall’auto, sentendosi chiamare si girò e vide Guglielmo che si stava avvicinando.
“Finalmente!” pensò.
Il maestro gli tese la mano “Buonasera, Professore!” e con un cenno del capo lo invitò più vicino alla siepe “Scusi tutta questa prudenza, ma in questo paese anche i muri hanno le orecchie, professore, non pensi che io sia paranoico. In più sto trasgredendo ad una promessa.”
Stefano notò che l’anziano maestro era piuttosto agitato, ma continuò deciso “Sembrava che quella vecchia storia fosse finita e la gente del paese avesse dimenticato… ma poi lei è arrivato a tenere il corso di scrittura proprio nella vecchia chiesa al limitare del terreno dei Baccani e tutto è ricominciato.”
Stupito Stefano domandò “Ricominciato cosa?”
Stefano iniziava vagamente a collegare lo scritto minaccioso con le parole di Guglielmo e non gli piaceva la direzione che i suoi pensieri stavano prendendo. Così gli chiese di essere più chiaro.
“Avevo promesso di tacere… ma sua moglie, professore, non le ha mai raccontato niente di quando viveva qui?”
Nella memoria di Stefano fece nuovamente capolino quel discorso che sua moglie gli aveva fatto la mattina dell’incidente. Gli ronzavano le orecchie e le tempie gli pulsavano: “Di cosa sta parlando?” trovò la forza di chiedere.
Guglielmo lo guardò quasi con compassione poi proseguì “Conoscevo sua moglie, era stata una mia alunna sa? Ci fu uno scandalo quando lei aveva circa 18 anni. A quell’epoca era divenuta amica di un ragazzo figlio di una famiglia facoltosa del paese, i Baccani. Il ragazzo aveva già in passato avuto problemi ma a quel tempo sembrava avere ritrovato un equilibrio. L’amicizia di Elena però lo destabilizzò di nuovo, presto divenne geloso di tutte le persone che parlavano con lei, finché ad un certo punto la sequestrò. Per due giorni la tenne chiusa nella chiesa, fino a quando il padre non si accorse di ciò che suo figlio stava facendo. Poi i Baccani, grazie alle conoscenze e ai loro soldi, riuscirono ad evitare al figlio un processo, misero tutto a tacere e lo mandarono per alcuni anni in una casa di cura. Ma quando siete tornati… lui ricominciò ad importunarla.” A Stefano girava la testa, Elena non gliene aveva mai parlato… e lui dove aveva la testa per non accorgersi di niente? Guglielmo senza tregua continuò “E’ a sua moglie che avevo fatto la promessa di non dire niente, ma poi c’è stato l’incidente... E ora è lei ad essere in pericolo. Quell’uomo la odia. E’ un pazzo pericoloso.” A Stefano stava per scoppiare la testa. Adesso quelle parole lette tante volte trovavano un senso: “E’ tutta colpa tua”, “Sei un ladro un bastardo”, “Ti schiaccerò”, “Pagherai” .
“Questo vecchio rincoglionito dovrebbe farsi i cazzi suoi.” Si inserì fra loro una voce sibilante.
Interdetti, Stefano e Guglielmo si voltarono nella sua direzione e scorsero l’uomo che aveva seguito tutte le lezioni di Stefano in cappello e impermeabile. Un ghigno di rabbia deformava il suo viso. I suoi occhi erano ridotti a due fessure, fissi su Stefano. Nella mano destra aveva una pietra, immediatamente la scagliò contro Stefano ma colpì invece Guglielmo, alla guancia. Gli occhiali del vecchio maestro volarono in terra.
Incredulo il professore vide l’uomo raccogliere un’altra pietra e tirargliela, mentre gli si avvicinava. Stefano la scansò ma non riuscì a decidersi a fare qualcosa.
“Roberto, smettila!” gridò Guglielmo.
Un sibilo ringhioso gli rispose: “Roberto un corno, quel cacasotto non ha le palle per farvela pagare. Sei tu che gli hai rubato l’Elena. E quella stronza l’ha lasciato a causa tua. Poi tocca a me sistemare i suoi casini, come al solito. Avevo detto a quella puttana che se non tornava con Roberto l’avrei ammazzata!”
Stefano si sentiva annichilito. Quello lo prese per le braccia, lo spintonò lontano da Guglielmo: “Sveglia, finocchio! Lo sapevi che quella troia di tua moglie mi era scappata? Nella chiesa le avevo mollato solo un paio di schiaffi, che cazzo!”
Di nuovo quella risata spezzata, crudele. L’uomo lo gettò a terra poi, con la faccia stravolta dalla rabbia, si avvicinò per colpirlo di nuovo con un calcio. A quel punto Stefano trovò la forza di reagire. A tastoni raccolse un sasso, se lo chiuse nel pugno poi cercò di scagliarlo, ma un’altra mano armata di pietra lo colpì alla fronte. Ricadde a terra, accecato dal dolore e dal sangue che gli colava in sul viso.
“Bastardo ti faccio fuori, com’è vero che mi chiamo Pietro. Devi sparire. T’ammazzo con le mie mani, carogna!” gridava l’altro.
Il sangue gli rombava nelle orecchie. Scosse la testa. Doveva reagire se non voleva morire.
D’improvviso gli arrivò un altro calcio su un fianco che lo lasciò senza fiato.
Allora rotolò su un fianco e con tutta la forza che gli era rimasta, sferrò una pedata alla cieca, colpendo al basso ventre il suo assalitore.
Fu un colpo particolarmente bene assestato: l’uomo crollò a terra con le mani tra le gambe guaendo di dolore.
Stefano si rialzò con l’aiuto di Guglielmo, si asciugò il sangue sul viso, preparandosi a continuare la lotta. Poi si accorse che un improvviso cambiamento era sopravvenuto nel suo aggressore.
“Basta, basta non picchiatemi più, non ho fatto niente. Pietro se n’è andato, sono Roberto non mi riconoscete?”
Guglielmo intanto si era tolto il cravattino: “Leghiamolo subito, presto! Quello che lui chiama Pietro potrebbe tornare da un momento all’altro.”
Ma non accadde, Roberto si lasciò docilmente legare le mani dietro la schiena. Non c’era traccia in lui della furia omicida di qualche istante prima.
Stefano faticò a ritrovare il filo dei suoi pensieri. Fece dei lunghi respiri, la schiena gli faceva male.
Barcollava per i colpi che aveva subito e sentiva salire la nausea di una probabile commozione cerebrale.
Da quel momento in poi i suoi ricordi divennero vaghi.
Ricordava la gente che pochi istanti dopo era venuta ad accalcarsi attorno a loro richiamata dal rumore della loro colluttazione, vagamente la polizia e poi l’ambulanza che lo condusse in ospedale.
Per quasi tutto il tempo fissò Roberto che, finché non giunsero a portarlo via, rimase sdraiato a terra, mugolando come un bambino.

(Autore: Rossana Bernardi)

domenica 1 marzo 2009

In dirittura d'arrivo

Salve a tutti.
Eccoci alla conclusione della nostra breve ma molto intensa avventura di romanzo collettivo. So' che attendevate per oggi la pubblicazione dell'ultimo capitolo della nostra storia, ma devo purtroppo chiedervi di pazientare fino a domani. Questa volta per noi è un po' più complesso, infatti oltre alla scelta e all'editing del materiale, dobbiamo anche occuparci di rileggere tutta la storia e sistemare le piccole incongruenze che, per via delle molte mani in cui il racconto è passato, sono andate accumulandosi nel tempo. Nella speranza di fare un lavoro che sia il migliore possibile io e Sara abbiamo perciò deciso di prenderci l'intera giornata per rileggere e sistemare il testo di tutti i capitoli. Aspettatevi perciò che la storia finale sia rivista in alcuni dettagli, rispetto a quella che avete avuto modo leggere fin qua.
Ci risentiamo domani per la pubblicazione dell'ultimo capitolo (nonché del testo complessivo) e per alcune news riguardanti dove e quando il risultato del nostro sarà presentato "al pubblico".

domenica 22 febbraio 2009

Assist

Dunque eccoci qua, quello che state per leggere è il penultimo capitolo della nostra storia. Un capitolo preparatorio, in cui vediamo rientrare in scena Enrica e scopriamo (o almeno possiamo ragionevolmente supporre) che era lei la figura vista da Stefano mentre si allontanava dalla chiesa. A questo punto mi sembra piuttosto ovvio pensare che Enrica andrà con Stefano all'appuntamento con Guglielmo al vecchio cimitero di campagna, ed è qui che si gioca la soluzione di ogni nostro mistero. Ma sarà una buona scelta? O forse è proprio Enrica che ha architettato tutto? Ricordate nel capitolo uno che il suo comportamento pareva assai strano? Certo la cosa potrebbe sempre essere frutto dell'immaginazione sovreccitata di Stefano. Ma a parte questo: chi ha scritto il testo che ha dato inizio alla nostra storia, e perché? Che cosa sa Guglielmo? Mi sembra fin troppo ovvio che sia qualcosa che riguarda il passato di Stefano, quel passato in cui hanno perso la vita sua moglie e sua figlia. O forse invece non c'entra proprio nulla?
Come al solito tocca a voi dircelo, nonché cucire insieme tutte le parti del mistero.
Mi raccomando: rileggetevi per bene tutto il testo prima di mettervi al lavoro in modo da scrivere qualcosa che sia il più possibile coerente con quanto scritto in precedenza dagli altri.
Siccome ci rendiamo conto che per scrivere quest'ultimo capitolo potrebbe essere necessario un po' più di lavoro abbiamo deciso di spostare il limite massimo delle battute a 12.000 (ossia 5.000 in più del solito).
Buon lavoro!

P.s.: per soliti problemi tecnici, ci metteremo un po' ad aggiornare il file complessivo, ma vedrete che entro domenica sera sarà già on-line la nuova versione.

CAPITOLO 4

La pentola della pasta giaceva nell’acquaio con dentro alcune pennette carbonizzate che galleggiavano nell’acqua: quella con cui Stefano l’aveva prontamente riempita quando, accorrendo in cucina, si era accorto del disastro accaduto alla sua cena.
Quello della cena, in quel momento, era il problema meno importante.
Mentre mangiava l’insalata Stefano pensava al biglietto di Guglielmo: dunque non era il solo ad avvertire, ultimamente, un senso di disagio fra le mura di quella chiesetta.
Guglielmo era al corrente di qualcosa, di un pericolo che sicuramente doveva avere attinenza con l’autore di quel maledetto testo.
Per un attimo Stefano ebbe il desiderio di fuggire da tutto: avrebbe potuto interrompere il corso con una scusa, la sua salute.
In fondo non era nemmeno una bugia perché la tensione che aveva accumulato da quando si era imbattuto in quell’ambiguo scritto lo stava letteralmente logorando.
Dopo la disgrazia che gli aveva rovinato la vita era diventato fragile come un bambino e non si sentiva più in grado di affrontare le difficoltà.
Interrompere il corso, darsi malato... Gli venne in mente Enrica e pensò a quello che avrebbe provato nell’apprendere la notizia che il corso di scrittura non si faceva più.
Immaginò la delusione sul suo bel viso.
Sapeva come Enrica tenesse alle sue lezioni, lo vedeva da come lo guardava durante le spiegazioni con i suoi occhi pieni di interesse che catturavano ogni sua parola.
In uno dei testi anonimi che Stefano aveva raccolto, lo stesso che aveva letto il giorno precedente in classe, si parlava della scoperta della scrittura: l’autore o autrice, dopo aver vissuto per anni nella disistima delle proprie capacità, diceva di aver scoperto di saper scrivere e di aver ricavato un’immensa gioia da questa consapevolezza.
Stefano era certo di aver riconosciuto la penna di Enrica in quelle righe.
E dunque come avrebbe potuto abbandonarla?
Per la prima volta dopo un tempo che gli sembrava infinito e dopo un dolore che credeva non gli avrebbe più dato respiro, Stefano si domandò se, per caso, non si stesse innamorando.

La mattina seguente, mentre cercava di staccare i residui di pennette dal fondo della pentola con un cucchiaio di legno, Stefano pensava al suo appuntamento con Guglielmo per quella sera.
L’anziano maestro aveva indicato, come luogo dell’appuntamento, quello di cui parlava nella sua poesia.
“Cristo, il cimitero!” esclamò Stefano dopo aver ripensato alle rime di Guglielmo.
Si trattava di un minuscolo cimitero di campagna dove Stefano ricordava di essere stato una volta con un collega: era autunno anche quella volta e Stefano ricordava di essersi infangato le scarpe per via del terreno bagnato.
Il fatto era che Stefano odiava i cimiteri e, dopo la disgrazia, se ne teneva lontano, rifiutandosi di frequentare anche quello dove erano sepolte sua moglie e sua figlia.
Era quasi l’ora di uscire per recarsi all’appuntamento col dottor Sivieri, il suo terapeuta.
Prima di farlo Stefano andò a prendere la cartella rossa con gli elaborati del corso di scrittura, tirò fuori il testo che tanto l’aveva inquietato e, dopo averlo piegato in quattro, lo fece scivolare nella tasca del cappotto.
“Dottor Sivieri, che cosa ne pensa?”
“Posso dire, senza ombra di dubbio, che chi ha scritto queste cose è una persona affetta da qualche disturbo psichico, tuttavia... “
“Tuttavia?”
“Tuttavia c’è qualcosa di... falso. Sembra che, chi l’ha scritto, abbia voluto calcare la mano. Insomma è come se le sue parole fossero mirate a spaventare chi le legge proprio per la loro assurdità e per la loro incongruenza”
“Lei crede? Qualcuno vuole spaventarmi allora? E perché? Qualcuno vuole che il corso finisca? Ma è una cosa assurda! Se a qualcuno dei miei studenti il corso non andasse a genio basterebbe solo che smettesse di frequentarlo. Perché boicottarlo?”
“Non lo so, Stefano. Non posso darle una risposta, purtroppo. Posso solo suggerirle di fare attenzione”
“Dottore, ho deciso di andare fino in fondo a questa storia, comunque. Questa sera andrò all’appuntamento con Guglielmo e sentirò quello che ha da dirmi”.

Approfittando del fatto che era in paese, Stefano decise di fare un salto in farmacia.
Era sabato e la via del centro storico era piuttosto affollata.
C’era una pasticceria molto buona nel corso e Stefano decise di fermarsi per concedersi una seconda colazione.
Il cuore gli diede un balzo quando scorse Enrica che, appoggiata al banco, beveva un cappuccino.
Le andò incontro e anche lei parve turbata nel vederlo:
“Professore, che piacere incontrarla! Sa che ieri sera mi ha fatto preoccupare?”
“Preoccupare?”
“Sì, era così strano durante la lezione, ci guardava tutti in un modo... Poi ci ha detto che si sentiva male e che la lezione era finita. Sa, io sono uscita insieme agli altri e sono andata verso casa, poi però ci ho ripensato e sono tornata indietro per vedere come stava”
“Davvero?”
“Sì, lei però era già in macchina, ho cercato di fermarla ma non mi ha vista”
“Ah, capisco. La ringrazio per essersi preoccupata per me, oggi comunque sto meglio”
“Meno male” disse Enrica mentre il viso le si distendeva in un aria di sincero sollievo.
“Senta, Enrica, lo so che non dovrei chiederglielo, ma il testo che stavo leggendo ieri sera è il suo, vero?”
Il viso della donna si aprì in un sorriso luminoso:
“L’ha capito, allora”
“Sì, Enrica, credo di aver capito anche tante altre cose di lei”
“Anch’io ho capito qualcosa di lei, professore. Mi scusi se glielo dico, ci conosciamo poco ma sento che lei... è molto triste”.
Parlando avevano imboccato il corso.

(Autore: Caterina Caterini)

domenica 15 febbraio 2009

Giro di boa

Bene eccoci di nuovo. Innanzitutto grazie a tutti coloro che si sono cimentati nella scrittura di questo terzo capitolo, siete stati molti e questo ci rende assai fieri del lavoro che stiamo facendo.
Detto questo, restano ancora due capitoli da scrivere per cui è il momento di imprimere alla storia una certa accelerazione.
Stiamo cominciando a farci un'idea di cosa si nasconda nel passato di Stefano, ma molto è ancora da chiarire. Inoltre non abbiamo scoperto chi è la figura che il nostro professore intravede alla fine del capitolo due. In compenso Stefano è atteso per un appuntamento dal maestro Guglielmo per l'indomani. E che cos'è quell'odore di bruciato che sale dal piano inferiore? Qualcuno sta cercando di fare la pelle al nostro protagonista o è semplicemente la sua cena rimasta sul fuoco troppo a lungo?
Ditecelo voi! La prossima consegna è fissata alla mezzanotte di sabato 21 febbraio.
Tenete ben presente che quello che state per scrivere è il penultimo capitolo e quindi vi sollecito, nel limite del possibile, a cercare di fornire un "assist" a chi dovrà scrivere l'ultimo.
Buon lavoro!